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martedì 8 marzo 2022

Resident Evil - l'Evoluzione dello stile visivo (by Wrex Crimson)


Oggi lasci la parola a Wrex Crimson, Admin del sito WASD MAGAZINE  contenitore di articoli videoludici che ha anche un canale YouTube

Il buon Wrex oggi ci parlerà della saga di Resident Evil

Pronti?
Allacciate le cinture!

Passato, presente e futuro sono i tre lati dello stesso triangolo, tre aspetti che offrono qualcosa di diverso l’uno dall’altro. Purtroppo, questi tre aspetti molto spesso collidono per le motivazioni più disparate.


Che Resident Evil abbia ormai affermato la sua enorme fetta di fan in tutto il mondo è cosa nota, tuttavia molti giocatori generalmente preferiscono i titoli originali per la prima console Playstation rispetto ai successivi. In virtù di questo, il quarto capitolo della saga è quasi sempre al centro di controversie che lo accusano di essere stato la causa del cambiamento mutato in catastrofe. Anche le avventure del giovane agente speciale Leon Scott Kennedy hanno comunque catturato il cuore dei fan (personaggi fastidiosi a parte). In questo articolo vorremmo concentrarci non tanto sulla lore, ma sull’impianto del gameplay dal punto di vista registico, confrontando lo stile in voga agli anni in cui uscirono i vari capitoli.

 

Resident Evil: Il passato












Lo stile dei primi Resident Evil è inconfondibile. 
 

Telecamera fissa verso un lato della stanza in cui il  giocatore si muoveva, leggermente inclinata di quasi sempre tre quarti. Ciò che rendeva sorprendente la gestione delle inquadrature, nonostante un movimento di macchina virtuale pressoché assente, era la fedeltà al linguaggio del cinema. Muovendosi all’interno di una stanza, poteva cambiare l’inquadratura che poneva l’attenzione su un dettaglio e tale dettaglio poteva essere un oggetto d’interesse o facente parte della narrativa ambientale. Quest’ultima era mirata a fornirci il contesto di gioco, rigorosamente rispettando la regola dei terzi

Generalmente l’avventura si svolgeva all’interno di un unico immobile come villa Spencer o la stazione di polizia di Racoon, con qualche capatina in luoghi esterni come i sotterranei. 
Luoghi circoscritti divisi a zone le quali erano suddivise in stanze e ogni stanza, da più inquadrature.

 

Correvano gli anni 90’; un ammasso di poligoni che avanzava verso il personaggio nonostante i ripetuti colpi esplosi, emettendo suoni gutturali a braccia tese, era molto spaventoso per l’epoca. Ciò che contribuiva alla sensazione di costante ansia (oltre alle risorse molto risicate), era proprio il non sapere quale minaccia si nascondesse oltre il bordo del quadro in cui era inclusa la scena (era proprio il buon vecchio televisore a tubo catodico a determinare i limiti della scena). La minaccia era oltre la cornice dello schermo: non potevamo vederla, ma potevamo sentirla. Non potevamo sapere se ci avesse visti o se ci avrebbe notati appena fatto qualche passo.

L’auto mira aiutava a indirizzare il colpo, non potendo sapere da quale lato lo Zombie sarebbe arrivato. Questo era un limite tecnico imposto sia dallo stile del design sia dalle tecnologie presenti all’epoca, infatti la suddivisione in schermate la possiamo ritrovare anche nelle avventure del Mudokon Abe, mentre l’auto mira venne poi riproposta anche in Dino Crisis.

 

Resident Evil: Il presente

Con “presente” vogliamo indicare precisamente il periodo antecedente l’uscita del visore (che verrà incluso nel prossimo punto).

Come tutti ormai sappiamo, l’asticella della saga si è spostata sull’impianto action: uno stile che porta con se molte innovazioni perdendo però un po' di quella magia della generazione precedente. Molti incolpano Resident Evil 4 come principale causa del drastico cambio di rotta che ha dato vita a due seguiti disgustati dai fan.
È innegabile che le numerose modifiche all’impianto del gameplay abbiano stravolto le abitudini dei giocatori di vecchia data, tuttavia il malcontento generato dai seguiti non può essere imputabile allo stile action, indipendentemente dal gusto personale.

Per esempio, una foto di un manicomio abbandonato (quindi priva di movimento e di suono), può trasmettere un senso di inquietudine. È sufficiente anche un solo elemento errato all’interno della composizione (come una persona all’interno della foto che si sta scattando un selfie davanti al manicomio), per vanificare il senso originale dell’immagine.

Pertanto le cause che hanno affossato i capitoli meno apprezzati della saga, vanno ricercate nella narrazione e nella narrativa ed entrambe non sono oggetto d’esame in quest’analisi.

 

Lo stile Action TPS con camera “over the shoulder”, offre un
diverso approccio immersivo. Il giocatore ha la facoltà di vedere ogni cosa che lo circonda facendo ruotare liberamente la telecamera o effettuando uno zoom puntando l’arma verso un dettaglio ambientale, una scritta o un lucchetto da rompere. Il sistema di puntamento dell’arma è molto più realistico e consente di effettuare colpi precisi rispetto al precedenti capitoli. Da Re1 a Re3, infatti, il rischio di sprecare munizioni sparando alla cieca era alto. Creature molto resistenti, inoltre, potevano essere colpite solamente al petto grazie all’auto mira, poiché gambizzare uno Zombie o effettuare un Headshot, erano azioni possibili solo a cortissima distanza aumentando il rischio di essere morsi e morire.
Dopo il terzo capitolo, le varie creature infette non sono più state al di fuori del campo visivo. Essere padrone del campo visivo, permette al giocatore di adattarsi in fretta alla minaccia che lo attende in quella zona. Il campo lungo purtroppo uccide, in parte, la sensazione di ansia data dai capitoli precedenti, compensata con i molto discussi (e spesso molto banali) “Jump Scare”.
Il concetto di Jump Scare, se usato bene, può funzionare e non è necessariamente un fattore negativo: Se da un lato il non sapere può stimolare il giocatore ad affrontare una situazione ansiogena, dall’altro (consapevole della rapidità con cui le cose possono andare storte) l’ansia può portare alla morte il giocatore che non riesce a gestire le orde di creature che si avvicinano in fretta. Se da un lato era sufficiente attraversare una porta per seminare i morti viventi, nei capitoli successivi al 3° sono state quasi del tutto eliminate le transizioni da stanza a stanza. Questo significa che in caso di fuga, il giocatore guadagnerà solo del tempo per ricaricare, curarsi o (se particolarmente abile) evitarli per raggiungere un meccanismo\oggetto chiave per sbloccare la via di fuga.


In Resident Evil 2 Remake, i trigger che attivano il Jump Scare sono posizionati in luoghi differenti in base al personaggio scelto o se stiamo avviando una “nuova partita +”. Questo favorisce il fattore sorpresa, cogliendo impreparato il giocatore che si aspettava di trovare le creature negli stessi posti della run precedente. Salvo qualche differenza con il titolo originale, il Remake del secondo capitolo (con un impianto action e dall’aspetto molto più cinematografico) risulta uno dei migliori remake in circolazione.

 

Resident Evil: Il futuro.

Con “futuro” ci riferiamo all’utilizzo di tecnologie approdate sul mercato che hanno proiettato nel futuro la saga

Il visore per la realtà virtuale. Grazie al fortunato settimo capitolo, abbiamo potuto constatare come questo hardware, che si è fatto sempre più strada nelle case dei videogiocatori, rappresenti un ottimo mix tra il Passato e il Presente. Descrivere a parole cosa si prova indossando un visore a chi non ha ancora avuto modo di provarne uno, non è semplice. Sostanzialmente si è protagonisti in prima persona; l’avatar siamo noi e siamo immersi totalmente in un ambiente virtuale che fa leva sui nostri sensi come la vista, l’udito e la percezione dello spazio. Ciò non dev’essere confuso con l’orribile immagine bidimensionale restituita dallo schermo, in quanto per il giocatore - pur non potendosi muovere fisicamente – l’ambiente risulta reale a 360°. I modelli tridimensionali e l’illuminazione danno l’illusione di essere stati trasportati in un ambiente completamente diverso e minaccioso, anche se in realtà siamo nel nostro salotto. Questa illusione è data soprattutto dal visore. Le parti che aderiscono al viso, impediscono la visione dell’ambiente circostante reale, facendo sospendere all’utente il contatto con la realtà momentaneamente. Questa sensazione non può essere restituita da nessun moderno schermo in 4k.

 

Le sensazioni di ansia e angoscia provate con i capitoli del passato vengono amplificate tramite i nostri sensi e l’impianto action di stampo cinematografico, ci permette di essere i protagonisti dell’azione e di vivere l’esperienza sulla nostra pelle (seppur virtualmente).

Come detto precedentemente, i motivi che hanno portato alcuni capitoli della saga di Resident Evil ad essere molto al di sotto delle aspettative (come il Remake del terzo capitolo nonostante ricopi le peculiarità del Remake precedente), sono imputabili alla narrazione (di cui gli enigmi fanno parte insieme al gameplay) e alla narrativa (come gli elementi utili alla trama e il level design).

In conclusione
In virtù di quanto scritto, possiamo solo sperare che la software house Capcom abbia imparato dai propri errori e che in futuro rilasci titoli sempre più curati, senza cadere vittima della corsa al soldo facile.

-Wrex-

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